Indonesia arcipelago di Sonda - riflessienatura

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INDONESIA - ARCIPELAGO DI SONDA
27 Luglio - 18 Agosto 2013

Il fascino dell’Indonesia è quasi sempre associato alla sola isola di Bali, resa famosa da surf, templi indù e super lussuosi resort assaliti da novelli sposi. Poco distante si snodano una miriade di isole, più o meno grandi, circondate da un mare cristallino ricco di pesce, protette da spiriti Marapu, sorvegliate da magici draghi, abitate da etnie che ancora vivono in capanne praticando la cultura animista. Una parte di queste isole costituisce l’arcipelago di Sonda, qualcosa di meravigliosamente bello e in parte ancora selvaggio, reso ancora più affascinante dalla sua fantastica gente. Se non lo vedi, non ci credi.


SALAMAT DATANG DI INDONESIA

La partenza è da Roma Fiumicino dove incontriamo parte del gruppo. Con il primo volo puntiamo sul Cairo, dove ci riuniamo a tutto il gruppo. Il secondo aereo atterra su Kuala Lumpur, con scalo a Bangkok, giusto perché non potevamo mancare di toccare anche la Thailandia in questa traversata aerea. Sfruttiamo la possibilità della nottata nella capitale Malesiana per andare a far visita alle Petronas Tower, le due torri gemelle elette a simbolo del potere Petrolio. Cena arrangiata in un tipico posto sulla strada a self service, con samosa, carne e pesce speziate e il classico riso. Mangiamo con gente locale e squittii di topo, che vagabondano fra le ombre per le strade periferiche in cerca di avanzi di cibo. Passeggiando ci rendiamo subito conto della perfetta organizzazione di un centro città super efficiente, negozi, strutture, edifici, tutti a misura giusta. Un tunnel ora sopraelevato, oro sotterraneo ci porta alla piazza dove padroneggiano le Petronas Tower illuminate a notte. Scattiamo foto da diverse angolazioni approfittando delle fontane spente e quando soddisfatti ci riavviamo verso l’hotel, le camere sono piccolissime, ma pulite e la doccia calda.



La mattina dopo ripartiamo e prendiamo un nuovo il volo che finalmente ci porterà in Indonesia, nell’isola di Bali, dove arriviamo nel primo pomeriggio all’aeroporto di Denpasar e soggiorniamo a Kuta 1 notte soltanto con lo scopo di cambiare gli euro in moneta locale, al cambio di 13.630 rupie per un euro. Ci ritroviamo in tasca dei milioni, di rupie però. Approfittiamo per fare  un salto famosa spiaggia di Kuta, ricca di giovani australiani a fare surf. La spiaggia si perde a destra e sinistra nella sua lunghezza senza vederne la fine e il mare regala alte onde, si deve stare attenti a fare il bagno, in quanto la risacca e le correnti tirano a largo. Attendiamo il tramonto e la spiaggia si affolla di romantici e fotografi più o meno abili per immortalare la stella rossa che scende nell’acqua all’orizzonte.
La sera a cena alcuni di noi puntano ad un locale dall’aspetto più turistico, altri optano nuovamente per le bancarelle lungo strada che offrono la tipica pietanza il nasi goreng, che ci accompagnerà per gran parte del viaggio.

NUOVI TRAFERIMENTI
Nuova mattina, nuovo volo, che ci porterà in 45 minuti sull’isola di Sumba. All’arrivo ci attende un minibus ed arriviamo all’hotel in 1 oretta e mezza, nel distretto di Waikabubak.
Prendiamo possesso delle camere, dove dormiremo tre notti. Le stanza non sono così male, tutto sommato pulite e dove iniziamo a prendere confidenza con il "mandi", il sistema di usare il bagno con depositi di acqua e bacinella. E’ giunto il momento di dimenticare le comodità casalinghe e abituarsi all’acqua non calda per la doccia. Ma già abbiamo l’acqua non ci possiamo lamentare.
Ci muoviamo per andare a visitare il mercato locale, dove acquistiamo, per molto meno di un euro banane fresche e fritte molto buone entrambi e visitiamo anche i primi due villaggi tipici con il tetto in makuti dal cono rovesciato dove veniamo ricevuti del capo villaggio a cui diamo doni e moneta, dopo di che entriamo all’interno dove veniamo accolti con molta cortesia e gentilezza permettendoci di scattare foto a vecchi e bambini anche a distanze ravvicinate. Gli adulti hanno l’abitudine di masticare due tipi di vegetale, un pistillo verde chiamato Siri, masticato con una punta di polvere bianca (limestone – arenaria) e la noce di Petel (pinat) che gli rende bocca e denti rossi e sputano a terra questo rimasuglio rosso. Sembra che provochi effetto ebbrezza tipo alcol. Le persone anziane hanno le gengive molto rovinate, probabilmente a causa di questa noce che masticano di continuo.



I villaggi visitati oggi sono il  Praiijing e il Waitabar.
La sera ceniamo in un posto dove abbiamo prenotato durante la giornata, un menù misto, tutto o quasi a base di carne oltre al riso. Purtroppo sull’Isola di Sumba, poco turistica e poco sviluppata, mangiano porco, mucca, pollo ed anche il cane, sembra solo nei villaggi e non chiaramente nei ristoranti. Sono contenta di non mangiare carne, così almeno evito ogni rischio.
La mattina, dopo una buona colazione, partenza per la visita degli altri villaggi. Primo stop nel posto dove la sera prima c’è stata la campagna elettorale per il nuovo "major" che abbiamo conosciuto e che ci ha accolto come grandi ospiti posando orgogliosamente con noi per alcuni scatti ricordo. Nella zona di Anakalang capitiamo in un villaggio dove è appena morta la mamma di un militare, le donne sono a veglia della salma addobbata di pizzi e fiori e con orgoglio vogliono mostrarci la defunta anche a noi.
Mentre arriva la parata militare noi ci spostiamo per visitare la tomba più vecchia risalente 1926, dove c’è sepolto il re e la sua prima moglie.
Pranziamo velocemente e ci dirigiamo verso l’ennesimo villaggio, questa volta più tipico e in zona più esterna alla città. Si  stanno preparandosi per un funerale animista, hanno riesumato la salma morta della madre del capo villaggio mummificata mesi prima ed aspettano di dedicarle festa e animali morti, tipici del culto animista. Più sacrificio di sangue, animale, più l’anima starà bene. Accolti anche qua come grandi ospiti qualcuno del gruppo si sacrifica per assaggiare la pinat che rende la bocca rossa e si fa agghindare con il classico costume tipico maschile: in testa l’Ikat kepala (kapauta in sumba), in vita il Kain (Ingnyi) e il coltello con la custodia di bambù: il parang (Katopo in Sumba). Ci fa un po’ strano essere lì a ridere, scherzare e suonare strani tamburelli di metallo appesi, mentre la salma di una morta si trova a pochi metri da noi, il tutto prendendo un tea o un caffè turco offerto dal capo villaggio e guai a chi rifiuta.
Lasciamo il villaggio per raggiungere quello in collina che si chiama Weelewo e ospita 140 anime, compresi i bambini, in 31 capanne. Qua possiamo osservare anche la capanna che lo shamano usa per richiamare lo spirito di Marapu, nome che indica in generale tutti gli spiriti che si possono presentare al richiamo, questa dimora è l’unica del villaggio che ci è stato vietato di fotografare. Troviamo vegetali coltivati, molti animali fra cui maiali, polli, pony ed anche cani, molti. Mangiano tutto quello che è commestibile. Nel nostro giro ci viene accordato il permesso di accedere all’interno di un’ abitazione, chiamata Uma Adat, fra le caratteristiche ha due porte di ingresso, una riservata all’entrata della donna che accede all’angolo dedicato alle faccende domestiche e una riservata all’uomo dalla quale accoglie gli ospiti.
Pomeriggio di relax su una bellissima spiaggia di sabbia bianca deserta con le verdi mangrovie che si confondono con il bianco della spiaggia. Mangiamo cocco sulla spiaggia e facciamo il bagno in acque turchesi. Non c’è presenza di reef o pesce, ma vale la pena è veramente bella.
Cena nello stesso posto della prima sera, questa volta pesce e zuppe senza carne e mangio anche io.



La mattina partiamo per trasferirci dalla parte est a quella ovest, ci aspetta un lungo tragitto in bus. Nel mezzo attraversiamo una specie di frontiera nel piccolo villaggio di Langgaliru dove scendiamo per distendere un po’ le gambe e facciamo subito amicizia con qualche persona del posto, soprattutto adolescenti. Apprendiamo altre parole in lingua indonesiana, ti amo si dice "Saya suka kamu". Sono tutti molto gentili, disponibili e pochissimo invadenti. Chiedono di scattare foto e si mettono in simpatiche pose, tutti indistintamente, anche foto di famiglia. Sono felicissimi di vedersi nel piccolo schermo della mia reflex.
Arriviamo nel pomeriggio, dopo alcune soste fotografiche e strategiche, nella località di Waingapu. Visita al piccolo borgo, doccia e cena sul porto dove mangiamo pesce appena pescato fatto alla griglia per 3,10  €  a persona con bibite. Buonissimo, una delle migliori e abbondanti cene. Prima di andare a dormire facciamo un breve giro del mercato notturno. Alcune bancarelle sono ancora aperte, in altre i proprietari ci dormono direttamente sopra, su altre ancora alcuni topolini girellano fra le scatole ammassate. Come al solito è interessante, arricchente, bello e allo stesso tempo amareggiante vedere come si vive così diversamente in alcune parti del mondo.



La visita alla parte est di Sumba era una toccata e fuga e il giorno dopo ripartiamo per puntare in direzione ovest, riavvicinarsi all’aeroporto e arrivare al villaggio dove passeremo la notte ospiti in una casa degli abitanti del villaggio. Durante il tragitto facciamo delle soste sia di riposo che di punti fotografici. In particolare ci soffermiamo in un villaggio durante una cerimonia funebre dove hanno appena sacrificato un bufalo e lo stanno "vivisezionando", scena cruda e intensa dove uno degli uomini intenti a dividere l’animale morto mi porge la mano insanguinata, come da usanza quando ci si presenta e si arriva in un villaggio, non posso rifiutare di stringerla, sarebbe considerato un gesto di maleducazione estrema. Giungiamo al villaggio nel distretto di Kodi dove passeremo la notte. Il villaggio è a poche decine di metri dal mare e veniamo accolti con la cortesia riservata ad una famiglia reale, sono poveri e la pulizia scarseggia, ma senza timore, dopo aver osservato il tramonto sulla spiaggia, ci apprestiamo a fare cena e ad affrontare la notte. Dormiamo nella Uma Adat dove in pratica tutto il villaggio è riunito ad osservarci, compresi gli animali. Cerchiamo di apprendere nuovi termini della lingua indonesiana mentre pulcini e cani zigzagano fra noi e alcune donne preparano la cena con i polli appena sacrificati per gli ospiti. Andiamo a letto presto nei nostri sacchi a pelo e dormiamo sopra la stalla del maiale e del cavallo, su canne di bambù. Mentre ci spogliamo siamo lo spettacolo serale dei bambini.



La sveglia ci viene data presto al mattino, sono le 6 ed il sole è appena sorto. Ripartiamo per fare l’ultima ora di tragitto che ci separa dall’aeroporto dove ci attende un volo per trasferirci da Sumba a Flores, la seconda isola che andremo a visitare in questa avventura. Durante il tragitto ci fermiamo ad osservare i locali che lavano e si lavano sulle rive di un fiume e più avanti delle risaie con alcuni ragazzi che raccolgono il riso e facciamo carburante. Il volo è quasi puntuale e nel primo pomeriggio partiamo da Tambulaka e atterriamo all’aeroporto di Ende su Flores.

FLORES SIAMO ARRIVATI
Conosciamo la nostra nuova guida, Vitalis, e ci appropriamo del nostro secondo mezzo, questa volta più grande e comodo del primo. Durante il tragitto che ci porterà all’hotel visitiamo il villaggio Nggela, il primo di etnia Ilo, famosi per i tessuti prodotti. La cortesia con cui veniamo accolti non cambia, ma cambiano le classiche abitazioni, sempre in bambù e paglia, senza il classico cono rovesciato sopra. Qua sono tetti più classici, solo molto alti e con una specie di totem sopra che raffigura l’uomo o la donna. Ci spiegano alcune tradizioni come quella della casa riservata al parto delle donne o quella del battesimo del neonato presso l’albero sacro. Legano una banana in testa al neonato e sbattono contro l’albero dopo averne fatto il giro, questo accade per tre volte se la banana non si schiaccia nemmeno alla terza volta il neonato non è ritenuto degno di restare nel villaggio e viene esiliato su un altro. Paese che vai cultura che trovi, ma restiamo comunque sorpresi. Probabilmente lo spirito dell’albero ne sa più di noi.



Notiamo subito che su Flores ci sono delle magnifiche coltivazioni di riso, a terrazza, alcuni a fine, alcuni ad inizio del ciclo di vita dell’alimento, forse, più importante e consumato del mondo.
Dopo varie visite fra villaggi e mercati andiamo a lasciare i bagagli nel nostro hotel e anche questo ha il classico mandi in bagno al posto dello sciacquone e della doccia tradizionali, ma ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. Stasera noodles di verdure saltate e  l’immancabile riso e salsa piccante.
Sveglia presto prima dell’alba con direzione Kelimutu National Park, a 1640 m di altezza, la giornata sarà intensa.  Il bus ci porta fino al parcheggio principale da lì ci sono circa 30 minuti a piedi per salire sul punto più alto ed ammirare i tre laghi di origine vulcanica dai colori molto particolari. Il lago turchese, il lago azzurro e il lago nero situato sul lato opposto. Il lago azzurro cambia colore a seconda dei minerali che si sciolgono nelle sue acque, in certi periodi dell’anno è marrone o addirittura rosso. La leggenda narra che le anime dei defunti si rechino nei tre laghi: nel turchese quelle dei giovani, nell’azzurro, o rosso, quelle degli anziani e nel nero quelle dei non meritevoli. Si avvicinano anche alcune simpatiche scimmiette a cui scattiamo foto. La nebbia, che sembra esserci spesso, non ci lascia vedere e fotografate al meglio i laghi, contribuisce però ad avvolgerli in un’atmosfera mistica e magica.
Una veloce colazione, carichiamo i bagagli ed iniziamo con l’affrontare il tragitto della giornata. Vari villaggi, pranzo al volo e scarso, mercato del pesce, spiaggia di sassi blu/azzurri che vengono usati per addobbare i muri ed i vialetti delle case.
Arriviamo tardi e stanchi nella località di Riung, lasciati i bagagli ci rifacciamo con una gustosa cena, il menù non cambia di molto, ma il pesce alla griglia è veramente buono e non credo sia solo per la fame. Stasera anche melanzane saltate. Sono diventate ormai classiche anche le crisp di riso/gamberetto fritto, fornite al posto del pane.
Il giorno dopo ci aspetta il giro in barca delle 17 isole con la possibilità di vedere le volpi volanti e fare un po’ di snorkeling.



Le volpi volanti fanno parte della famiglia dei pipistrelli e li andiamo ad osservare di giorno mentre stanno attaccati a testa in giù sulle mangrovie. Sono veramente tantissimi. La nostra barchetta si avvicina e il guidatore fa rumori e schiamazzi così loro si alzano numerose in volo. L’apertura alare è ampia e contro solo le ali sono trasparenti. La luce non è ottimale per scattare foto, ma con il tele obiettivo riesco a vederle da vicino e sia forma del musetto che colorazione del pelo sul rossiccio fa davvero pensare ad una volpe. Il pranzo è sulla spiaggia ed è ottimo, riescono a grigliare dei pesci enormi, fra cui barracuda e qualche calamaro, su una griglia improvvisata fatta di canne di bambù. Il tutto grazie alla nostra guida che si chiama Tam ed ha dei lunghissimi capelli!! Impressionante. Lo snorkeling non male. Rientriamo soddisfatti cenando nello stesso posto della sera prima, con la stessa qualità.
La mattina partiamo e la prima tappa è alle spring falls, sorgente naturale di acqua a circa 40° C, che scorre in pozze naturali. Alcuni di noi si bagnano piedi e gambe, mentre io ne approfitto per alcuni scatti con cavalletto e tempi lunghi. Siamo nella località di Permadian So’a. Dalle terme ci dirigiamo per la visita dei tre villaggi con sosta per pranzo ad un ristorante gestito da cinesi, l’unico aperto a pranzo nei paraggi visto il periodo del Ramadan. Il primo villaggio che troviamo si chiama Bena e siamo ragazzi fortunati. Incappiamo nella festa per l’inizio della costruzione di una nuova casa, a cui tutto il paese contribuisce. Sono stati cotti chili e chili di riso e uccisi diversi animali, ormai ridotti a spezzatino cotto in grossi recipienti sulla fiamma viva. Vicino notiamo le teste tagliate non cotte: almeno 3 maiali ed 1 cavallo. Il villaggio si è tutto riunito e siedono chi su lunghi rami di bambù messi a terra chi lungo gli scalini delle case, muniti di cestini aspettando riso e carne, che viene donato a tutti a conclusione dei festeggiamenti. Giriamo in mezzo ai locali scattando foto e cercando di conservare con qualcuno di loro salutando i bambini dai volti sorridenti. Veramente una bella esperienza.



Da lì partiamo con un piccolo percorso a piedi, molto facile che dura circa un’oretta, dove troviamo anche delle sanguisughe, essendo la zona umida, ma non ce le aspettavamo. Il secondo villaggio si chiama Tolloleta. Molto pulito e preciso. Ripartiamo con circa altri 30 minuti a piedi e giungiamo al terzo villaggio, Gurusina, dove restiamo a dormire con loro che ci offrono la veranda e una stuoia. Portiamo in dono cibo e polli e loro ci offrono un’ottima cena che mangiamo tutti assieme seduti a terra in cerchio. A conclusione ci offrono un distillato locale ricavato da una pianta della famiglia delle palme. Si chiama arak e lo si trova in due gradazioni, 20-25 o 40, a seconda se la cottura è una o due.
In questo villaggio, dove vivono 33 famiglie di origine ngada suddivise in clan, dormiamo decisamente meglio del villaggio su Sumba e la mattina ci risvegliamo più riposati al suono dei galli e dei grugniti dei maiali. La vista è suggestiva con il villaggio dai tetti di paglia ancora mezzo addormentato disposto a cerchio con lo sfondo di una montagna avvolta dalla nebbia. Dopo colazione ci attende una lunga traversata di bus per giungere alla località di Lambambajo.



Passiamo a vedere come e dove viene distillato l’arak e ne acquistiamo qualche bottiglia, poi seguono alcune soste non troppo fortunate, come il lago di Danauranamese coperto dalla nebbia che ne impedisce la visuale; alcuni di noi notano altre sanguisughe che già stanno cercando di incastrarsi nelle scarpe e passare dai vestiti. Basta trovare un posto umido e subito troviamo anche questi fastidiosissimi animaletti, che senza il minimo avvertimento ti ritrovi subito addosso pronti ad attaccarsi e succhiarti il sangue.
Ci aspettano altre ore di bus prima di fermarci per pranzo a Rutenghe, purtroppo troviamo quasi tutto chiuso visto che siamo sotto festeggiamenti del Ramadam che si andrà a concludere il 9 di agosto. Il posto dove pranziamo è squallido e pessimo come qualità di cibo. Lo classifico il peggiore del viaggio.
La giornata scorre uggiosa e grigia come il cielo, la nebbiolina ci accompagna, nella prima giornata di cielo coperto che troviamo in questo viaggio, tempo che ci fa saltare anche la visita alle risaie a ragnatela. Giungiamo a Lambambajo, località turistica punto di partenza per le visite ai draghi di Komodo, quando ormai è buio e di nuovo con l’hotel abbiamo problemi di acqua. La chiudono di continuo e non riusciamo a fare una doccia decente. Mangiamo in uno dei pochi posti aperti e torniamo all’hotel per passare la notte.

ALLA RICERCA DEI DRAGHI DI KOMODO
La mattina sveglia con calma è il giorno della partenza per la crociera di 4 giorni nell’arcipelago di Komodo dove finalmente andremo per vedere i draghi di Komodo, una specie endemica di varano gigante con la saliva letale e velenosa sia per animali che per l’uomo. Alle 12, dopo esserci registrati prendiamo possesso della nostra barca e conosciamo l’equipaggio composto da 4 persone di cui solo uno parla un po’ di inglese, Firman. La barca non è grande, ha un solo bagno senza doccia,  ma è meglio di come ce la aspettavamo.
Nel pomeriggio abbiamo solo in tempo per un paio di snorkeling, dove avvistiamo qualche pesce interessante, e qualche corallo blu, ma niente di speciale. Non abbiamo acqua dolce per poter fare il bagno, domani proverò il bagno schiuma acquistato prima di partire da usare con acqua di mare. Ci godiamo il tramonto e di fronte a noi appena il sole cala si alzano in volo centinaia di volpi volanti, un spettacolo stupendo! Sia la cena che il pranzo sono di buona qualità, ma scarsi. Dalla cena iniziamo a dividere in porzioni da 16 tutte uguali, così da non far differenze. Per andare a dormire dobbiamo preparare i materassini facendo posto e spazio dove è consentito. Dormiamo uno di fianco all’altra 7 sotto, nella parte dove mangiamo, e 9 sopra, dove abbiamo stivato anche i nostri bagagli.



La prima notte in barca scorre abbastanza bene ed alle 6 arriva la sveglia per fare colazione e dirigersi verso Rinca (che si pronuncia Rincia), per effettuare la nostra prima visita nel Parco Nazionale di Komodo. Partiamo scegliendo il tragitto lungo 5 km da fare in circa 2,5 ore. E’ il periodo dell’accoppiamento per cui non sarà facile scorgere i varani giganti mimetizzati nella sterpaglia color pagliccio dell’isola di Rinca. E ti pareva fosse il periodo giusto?
Sull’isola ci sono anche cervi, bufali, cobra sputatore e vari uccelli. Vediamo un drago che vicino agli uffici ha una gamba rotta causa un combattimento con un altro maschio e sarà destinato a morire, non potendo cacciare e non potendo guarire dalla ferita. Poco distante un altro e ancora un altro più in alto, questa volta in posizione e luce migliore, ma tutti in fase di relax. Sono gli unici che vedremo in questa prima giornata. Avvistiamo anche qualche cervo e a quanto pare siamo fortunati a vedere anche qualche bufalo d’acqua. Le due guide, munite di un bastone di legno biforcuto ad un’estremità, come la lingua dei varani, sono due ragazzi molti giovani e notiamo che non si guardano molto attorno per scorgere i draghi.
Rientro un po’ delusa e dopo pranzo puntiamo per far visita ad un villaggio dove alcuni di noi scendono per fare un giro, altri restano a bordo, io compresa. Improvvisiamo un piccolo aperitivo con birra e arachidi salate.
Stasera è il compleanno di mio marito e con un paio ingredienti acquistati a Lambambajo prima di partire arrangio una specie di dolce, riuscendo a montare la panna, alla meno peggio, sbattendola in bottigliette di acqua vuote. Festeggiamo con musica e qualche birra e poi tutti a nanna dopo aver preparato i materassini. La notte è più calda e chi russa a destra chi a sinistra riposo veramente male.



Nuovo giorno, nuova corsa per vedere i varani questa mattina puntiamo sull’isola di Komodo, quella che dà il nome a tutto il parco nazionale. Siamo in anticipo rispetto all’orario di ieri, speriamo sia un giorno più fortunato. Scegliamo il percorso medio di 4 km e la guida ci ripete nuovamente che essendo il periodo dell’accoppiamento non sarà facile avvistarne. Oggi sembra esser peggio di ieri, arriviamo a metà percorso e non vediamo nessun animale, tranne qualche cracatoa in volo, ma veramente lontano. La guida come al solito sembra non osservare molto e proviamo a "corromperla" dicendo che se ci avvista un drago gli allunghiamo qualche rupia extra. Sembra si impegni di più, ma niente. Quando ormai ad un 1/3 del percorso alla mia sinistra,  in terra, noto un piccolo varano, lungo già un 60 cm abbondanti. La guida era già andata oltre senza notarlo e richiamo l’attenzione del gruppo senza far scappare il cucciolo, mentre sono già armata di macchina fotografica. Cosa rara da vedere un piccolo varano a terra perché fino all’età di tre anni preferiscono stare sugli alberi essendo preda facile degli stessi altri familiari adulti.
Scattiamo foto e il piccolo resta lì un bel po’ prima di muoversi. La sua saliva è già letale e un morso anche se è così piccolo potrebbe già essere molto pericoloso. Si allontana e noi proseguiamo per il sentiero arrivati in prossimità degli uffici finalmente iniziamo ad avvistare degli adulti, quelli che in pratica stanno lì perché ricevono cibo. Un maschio in particolare gira con fare minaccioso. Ci sono molti ranger intorno che  urlano "be carefully" armati del bastone di legno. Il varano punta ora in una direzione ora in un’altra saggiando l’aria con la lingua biforcuta mentre la bava gli cala da entrambi i lati della bocca. Non si vedono, ma sono molti e potenti e vanno spesso a incidere le gengive, da cui sono ricoperti, durante i pasti. A questo maschio adulto si aggiunge una femmina a riposo e dall’alto della sterpaglia ne scendono altri due poco più tardi. Adesso intorno ne abbiamo 4 di cui due ben attivi che puntano adesso un gruppo di persone, ora altre, noi compresi, che ci allontaniamo prontamente.
Finalmente ne usciamo abbastanza soddisfatti con un bel po’ di scatti e riprese fatte.



Risaliamo in barca e dopo qualche ora di navigazione siamo fortunati anche nel trovare un bellissimo posto per fare snorkeling con due atolli di finissima sabbia bianca e pochi arbusti verdi, acqua cristallina e tantissimi pesci colorati sotto. Vediamo una bella razza, un cavalluccio marino giallo, tartarughe, squaletto e tantissimi pesci più comuni come pappagalli, angeli, idoli moreschi e pesci pagliacci in mezzo alle anemoni. L’unica pecca il vento forte che fa avvertire un po’ di freddo.
La notte la passiamo in una insenatura, più riparata dal vento, poco distante dagli atolli.
La mattina dopo chiediamo al capitano di portarci di nuovo nei due graziosi atolli, dove oggi il vento è un po’ più calmo e fa più caldo. Colgo l’occasione per provare la mia sacca stagna in cui ripongo, fiduciosa, la reflex e altre cose di meno valore. Mi tuffo con maschere e pinne e arrivo tranquilla alla spiaggetta con l’attrezzatura, telo mare e occhiali da sole perfettamente asciutti. Non potevo non scattare qualche foto a questo piccolo paradiso.
Anche oggi snorkeling con soddisfazione, avvistiamo fra le altre tanti pesci pagliaccio e un bello squaletto di 1 metro circa. Non è grosso, ma ha quel perfetto nuotare da "macchina da guerra", che incute sempre un grande rispetto.
Dopo pranzo il gruppo sceglie due opzioni diverse: chi decide di trascorrere tutto il pomeriggio nell’atollo fra sole e bagni e chi invece resta in barca per raggiungere un piccolo villaggio dove faremo scorte di cibo.
A pochi metri dal villaggio ci fermiamo il tempo necessario che arrivi la barchetta con le scorte ordinate. Ci cimentiamo nella pesca di alcuni ricci, li assaggiamo, ma sono amarissimi rispetto ai nostri. Nel frattempo alcune canoe di legno precarie con bambini mezzi nudi ci raggiungono dalle vicine case e ci assalgono. In senso buono. Scattiamo foto a loro e con loro e qualcuno prova a poiagare le canoe, inizialmente con il risultato di rovesciargliela, poi con successo.
ripartiamo dopo un’oretta abbondante per recuperare i naufraghi sull’isola che sono stati bene, ma un po’ infreddolito con il calar del sole.



A conclusione della nostra giornata di mare ceniamo e prepariamo velocemente il posto per dormire, posizionati della stessa insenatura ventosa della sera prima, siamo tutti molto stanchi e domani ci aspettano lunghe ore di barca per raggiungere il porto di Bima sull’isola di Sumbawa. L’ultimo giorno di barca prima di concludere il viaggio a Bali.

RIENTRIAMO NELLA TURISTICA BALI
La nostra "bagnarola" ci porta a destinazione con una navigazione interrotta dalle 6 di mattina alle 15 del pomeriggio. In mare aperto troviamo anche qualche bella onda e per qualche ora viaggiamo dondolando e rallentando.
Cena decorosa e ritorno agli alloggi con autostop, non ci facciamo mancare niente.
Un altro volo interno ci attende, l’ultimo prima di puntare su casa. La mattina ci trasferiamo di nuovo sull’isola di Bali dove ad attenderci c’è un bus, questa volta comodo e grande, che ci farà fare un piccolo tour delle principali mete di Kuta e dintorni.
Visitiamo l’area denominata "Sacred Monkey Forest Sanctuary" ed entriamo all’interno di una dei tempi i cui custodi sono i macachi grigi. Le scimmiette sono davvero tante e mentre qualcuno con fare docile ti si avvicina, altre quando sei tu ad avvicinarle digrignano di denti con fare minaccioso, ma non pericoloso.
Attenzione che cercano di rubare qualsiasi cosa, soprattutto quelle che luccicano. Indossando il sarong, il telo tipico induista, riusciamo anche ad accedere ad un luogo di preghiera con il tempio e le statue di pietra delle divinità induista. In zona riusciamo anche a mangiarci un gelato che sostituisce il pranzo.
La seconda visita è un altro tempio nella zona di Ubub parte principale, interessante anche questo, dove però non possiamo accedere ai luoghi di preghiera, interessante una porta enorme chiusa che viene aperta ogni 210 giorni.
Concludiamo la giornata raggiungendo il simbolo di Bali, il tempio di Tanah Lot, costruito con rocce trasportate da Java, in mezzo al mare che grazie alla bassa marea è possibile raggiungere, ma non accedere al lungo di preghiera se non si è di religione indù.
Suggestivo soprattutto l’accesso è un concentrato di turisti multi colori e multi etnici, non tutti rispettosi del luogo. La serata ci vede anche sfortunati in quanto le nuvole coprono l’orizzonte ad ovest dove il sole va a tramontare. Bello osservarlo dal punto più alto dove al crepuscolo esce anche un onda di piccoli pipistrelli che sale a spirale nel cielo. Templi interessanti anche se dopo quasi 20 giorni in mezzo a piccole isole ed etnie animiste ci sentiamo di nuovo sbattuti fra turisti senza meta.



La cena è libera e il gruppo si divide. In 5 puntiamo su un ristorante giapponese che raggiungiamo a piedi e oltre a mangiare abbondante sushi e sashimi di qualità altissima, stappiamo anche una bottiglia di bianco per brindare al bellissimo viaggio e riusciamo anche a stare molto contenuti nel prezzo. Questa sera a letto a pancia strapiena.
Noi passiamo la mattina in relax in spiaggia dove troviamo una piacevole temperatura ventilata. Tornati in hotel per una doccia ripartiamo per il pranzo puntando sul ristorante giapponese della sera prima e facciamo di nuovo una super mangiata di sushi e sashimi, ne usciamo ancora di più a pancia piena.
Il pomeriggio trascorre passeggiando e facendo acquisti per riportare qualche piccolo ricordo a casa. Io opto anche per una manicure e pedicure con tanto di smalto in una delle moltissime postazioni che offrono tale servizio ed anche massaggi di tutti i tipi a prezzi stracciati. La sera ci perdiamo per le viuzze secondarie scoprendo un mondo nuovo intorno alle vie principali. Acquistiamo incensi da un anziano che ne ha la bici carica e finiamo a mangiare una pizza buonissima da Luigi, originario di Barletta, con cui scambiamo qualche parola. Prima di andare a dormire diamo una sistemata alle valige così da essere pronti per partire il giorno dopo.
Alle 11 tutti in aeroporto dove inizierà la traversata che da Bali, attraverso Kuala Lumpur, Bangkok e il Cairo ci porterà a destinazione: Italia.
Una cosa è certa: i saluti ce li siamo scambiati con la promessa che torneremo presto a viaggiare.






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